E ora cadiamo
dalle nuvole, sgraniamo gli occhi
e sorpresissimi
ci domandiamo: ma come
è mai possibile che nelle scuole si moltiplichino le violenze e i
soprusi, come diavolo è accaduto che i nostri adolescenti, che solo
dieci minuti fa erano ancora bambinetti ingenui, siano diventati così
aggressivi e insensibili?
Non facciamo i finti tonti, vi prego, e non gettiamo sulle spalle curve
della scuola anche questa colpa. Sono vent' anni almeno che
l'immaginario della nostra società si struttura attorno alla violenza,
al denaro, al cinismo, alla brutalità, sono vent' anni almeno che gli
insegnanti si trovano ad affrontare ragazzi ipernutriti da un cibo
avariato che avvelena la mente, eccita a dismisura i desideri, accelera
i tempi fino alla frenesia, cancella ogni pazienza ed esalta sempre e
comunque una trasgressione senza scopi. E' questa la direzione in cui
procede la nostra cultura, almeno quella più popolare, quella tenuta
sotto controllo dall' industria del consumo. Bisogna sfondarsi,
stravolgersi, scalciare a vuoto, e poi accasciarsi con i vestiti giusti
su qualche divano o su una panchina di un centro commerciale, senza
pensare a niente. E non dimentichiamo le centinaia di film horror bevuti
dagli occhi teneri di ragazzini alti un metro e venti, i contenuti e le
forme di una televisione dove nulla deve mai affaticare la mente ma solo
elettrizzarla, nulla deve mai invitare a un pensiero più complesso, dove
tutto rotola a cento all' ora tra bellocce in mutande e ragazzotti
gelatinati e semianalfabeti
dove ogni minuto c'è qualcuno che ti invita a comprare qualcosa.
Insomma, a quindici anni nella testa di un adolescente, come nella gola
di un' oca, è già stata rovesciata una quantità spaventosa di schifezze. E
dall' altra parte del fosso c'è la scuola, lavagne nere e gessetti,
vecchi banchi allineati, professori vestiti così così, che arrivano o su
macchine mezze scassate, e che assegnano compiti su cui sudare, che
ripetono fino alla nausea che la vita è dura, che bisogna studiare,
concentrarsi,perchè nulla ci viene regalato, perchè anche le passioni
prevedono sacrifici, costanza, tempi lunghi.
Sono
due mondi che inevitabilmente entrano in collisione, e non è difficile
intuire qual è il vaso di coccio e quale il vaso di ferro.

E spesso i ragazzi hanno alle
spalle solo le rovine di famiglie sfasciate, padri e madri che non hanno
tempo nè voglia di occuparsi di loro, che li lasciano soli davanti alla
musica malandrina di sirene che puntano solo a spolparli.
E
così è inevitabile che accada il peggio. La scuola non può non apparire
agli occhi dello studente stravolto che come una perdita di tempo, un
posto lento, dove si imparano cose inutili, che non aiutano affatto a
tenere sempre viva e zampillante l'adrenalina.
La scuola sembra il contrario della bella vita. Il bullismo, ma sarebbe
meglio chiamarlo carognismo, nasce in questo contesto. L' adolescente
non tollera la sua età, non può accettare di restare immerso nelle
lunghe stagioni dell' apprendistato, nella vaghezza di un tempo dove tutto accade piano piano: vuole
dimostrare agli altri ma soprattutto a se stesso che la sua volontà di
potenza, accuratamente fomentata dal mondo, non si ferma davanti a
nulla, figuriamoci davanti alla compassione. Così umilia, perseguita,
picchia il compagno più debole, ancora incastrato nella sua naturale
fragilità, così calpesta il compagno handicappato, perchè quella
debolezza non trova alcuno spazio nel suo ordine di valori. Così se ne
frega dei rimproveri dell' insegnante, un poveraccio che non andrà mai
in televisione, che obbedisce a una morale antica, ridicola. Si chiede
alla scuola di aggiornare i programmi, di togliersi le ragnatele di
dosso e correre al ritmo del nostro tempo competitivo e sempre nuovo. Ma
la scuola non può tenere il passo della cultura dominante, è una gara
persa in partenza, una gara falsata. Leggete questo passo di Czeslaw
Milosz, premio Nobel per la letteratura nel 1980, sono le parole
preoccupate di un uomo saggio, uno che oggi la pubblicità deride, ma che
forse sarebbe meglio ascoltare con attenzione: << Innumerevoli quantità
di malattie mentali, squilibrati che vagano per le strade e parlano da
soli, un generale abuso di sesso e droghe, una diffusa criminalità. Di
qui l'esigenza di radunarsi in piccole comunità cementate dal rispetto
per la ragione, il buon senso, la purezza dei costumi. E forse in esse,
in mezzo al generale abbrutimento, sopravviverà persino la poesia,
divenuta prerogativa dei sani tra gli insani, come un tempo lo era degli
insani tra i sani >>. Che possa essere la scuola una di queste comunità?
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